Caro bollette, la doppia opzione dei fondi Ue e REpowerEu per ridurre l’impatto

L’ipotesi di riprogrammazione dei fondi Ue per fronteggiare l’emergenza dei costi energetici potrebbe entrare nel vivo a breve

Difficile ma non impossibile. Anzi, una discussione in Europa sulla riprogrammazione dei fondi Ue per fronteggiare l’emergenza dei costi energetici potrebbe entrare nel vivo a breve. L’idea è stata avanzata in Italia da Fratelli d’Italia, ma anche dal Parlamento europeo stanno arrivando segnali in questa direzione e una proposta a livello Ue sulle risorse 2014-2020 non sembra da escludere.

Due le opzioni sul tavolo, secondo fonti tecniche della Commissione sentite in questi giorni. Una riprogrammazione secondo il modello della manovra Covid. E modifiche alle regole di ingaggio del programma REpowerEu che è all’esame dell’Europarlamento.

Aiuti a famiglie e imprese ma anche investimenti

Raffaele Fitto, eurodeputato di Fdi, tra i possibili componenti del nuovo governo nel ruolo di ministro degli Affari europei, fa un ragionamento complessivo. «Ci sono due grandi questioni da affrontare. La prima è legata agli aiuti a famiglie e imprese per il caro-energia e qui si potrebbe replicare la riprogrammazione dei fondi strutturali 2014-2020 che vede l’Italia in ritardo con la spesa ferma all’incirca al 50%. C’è poi la questione degli investimenti che è più problematica per l’Italia perché, allo stato attuale, non possiamo accedere al REpowerEu avendo già utilizzato tutta la quota disponibile del Next Generation Eu a debito. Di qui l’esigenza di finanziare le spese strategiche per il settore dell’energia rivedendo il Pnrr. Basta dire che non si può modificare: l’articolo 21 del Regolamento lo consente, ne discutono in Belgio e il Portogallo ha già avanzato la sua proposta. Sarebbe una follia restare ancorati ai vecchi schemi».

Fitto cita un calcolo di 120 miliardi di opere pubbliche a valere sul Pnrr su cui considerare almeno un 25% di aumento del costo materie prime. «Il Dl aiuti stanzia per gli extra-costi appena 7,5 miliardi: è chiaro che con queste cifre le imprese non parteciperanno ai bandi e non si realizzeranno gli obiettivi».

Gli emendamenti presentati in Europa da Fitto puntano alla possibilità per gli Stati membri di richiedere la riallocazione nel REpowerEu sia delle risorse a prestito del Pnrr non ancora impegnate sia di quelle 2014-2020 per le quali non risultano impegni giuridicamente vincolanti.

L’ipotesi di riprogrammare i fondi

L’alternativa, di cui a Bruxelles si inizia a parlare, sebbene sia complicata, è mutuare l’operazione fatta nel 2020 con la pandemia. Il governo Conte, sfruttando due nuovi Regolamenti Ue (2020/460 e 2020/558), riprogrammò poco meno di 12 miliardi di cui 5,4 miliardi dai Programmi dei ministeri e 6,5 miliardi da quelli gestiti dalle Regioni. Risorse che, con la garanzia di essere ripristinate con il Fondo sviluppo e coesione (Fsc), andarono a varie destinazioni tra cui Fondo di garanzia Pmi, ammortizzatori sociali, spese per istruzione e università, oltre ovviamente all’emergenza sanitaria. Per bissare, oltre al via libera Ue, occorrerebbe negoziare con le Regioni che devono accettare di “prestare” i fondi non spesi né impegnati per la copertura di interventi a sostegno dell’emergenza energia. Scatterebbe poi un successivo reintegro a valere su risorse statali, del Fsc o del Fondo complementare nazionale collegato al Pnrr.

Da Fratelli d’Italia si è fatto riferimento a circa la metà dei fondi strutturali, non spesi finora, per coprire oltre 20 miliardi del prossimo decreto con le agevolazioni sulle bollette. I dati più puntuali in questo momento sono contenuti nel monitoraggio di aprile della Ragioneria dello Stato. Se si considerano i pagamenti effettuati, al traguardo del 2023 mancano ancora 30,3 miliardi di Fesr e Fse (di cui 22 miliardi Ue e il resto cofinanziamento nazionale). I fondi non impegnati ammontano invece a 14,2 miliardi di Fesr e Fse (di cui 10,3 di risorse Ue e il resto cofinanziamento). I tecnici della Commissione europea non escludono, anche alla luce di richieste che stanno convergendo da diversi Paesi, che si possa replicare lo schema del 2020. Ma sottolineano la delicatezza di una nuova riprogrammazione.

A differenza di due anni fa, ora si interverrebbe quasi fuori tempo massimo perché il ciclo 2014-2020 sta andando a chiusura (le spese vanno ultimate entro il 2023) e le modifiche legislative arriverebbero al traguardo probabilmente nei primi mesi dell’anno prossimo lasciando pochissimo tempo disponibile per identificare nuova spesa, certificarla, e assicurarne la regolarità.