TASSAZIONE SEPARATA “GENEROSA” CON L’INTERPELLO 223/2021

Singolare interpretazione dell’Agenzia delle Entrate sui premi di risultato per il settore pubblico, discutibilmente equiparati a quelli previsti per il settore privato.

Con l’interpello n. 29.03.2021, n. 223, argomentando in “burocratese”, l’Agenzia delle Entrate ha affrontato il tema dei premi di risultato sui quali, a ben vedere, la norma non sembra porre problemi interpretativi. In particolare, l’art. 51 Tuir dispone, in applicazione del principio di cassa che disciplina il reddito di lavoro dipendente, la tassazione nel periodo d’imposta in cui tali redditi entrano nella disponibilità materiale di questi ultimi. Così stabilito il criterio generale, considerata la progressività delle aliquote Irpef e per temperare gli effetti negativi che potrebbero derivare da una rigida applicazione del criterio di cassa, l’art. 17, c. 1, lett. b) Tuir prevede che si applica il regime di tassazione separata agli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti e percepiti in periodi successivi per effetto di cause giuridiche o per altri motivi indipendenti dalla volontà delle parti (situazioni di fatto). L’interpello, muovendo dall’assunto normativo, precisa che per l’operatività della tassazione separata occorre che: gli emolumenti siano corrisposti in un periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata prestata l’attività lavorativa; il “differimento” derivi da leggi, contratti collettivi, sentenze o atti amministrativi sopravvenuti oppure sia conducibile ad altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti; il ritardo non sia fisiologico rispetto ai tempi giuridici e tecnici ordinariamente occorrenti per l’erogazione degli emolumenti.

Per quanto precede, si afferma che la tassazione separata è esclusa qualora i compensi siano corrisposti nello stesso periodo d’imposta cui si riferiscono, oppure qualora la corresponsione in un periodo d’imposta successivo possa considerarsi fisiologica, ossia quando la stessa natura degli emolumenti fa sì che la loro erogazione debba avvenire in un periodo d’imposta successivo rispetto a quello di maturazione. L’interpello cita, per esemplificare il concetto, gli emolumenti correlati al raggiungimento di obiettivi predeterminati e corrisposti in un anno successivo rispetto a quello cui gli obiettivi sono raggiunti; in tale ipotesi, è la stessa natura degli emolumenti in questione a comportare che l’erogazione non possa avvenire nell’anno di riferimento. Infatti, poiché la valutazione dei risultati può essere effettuata solo dopo la fine dell’anno, è evidente che gli emolumenti connessi al risultato saranno erogati in un periodo d’imposta successivo e, pertanto, non possono essere considerati come arretrati nel senso sopra indicato (cfr. risoluzioni 3.12.2002, n. 379/E; 9.10.2008, n. 377/E; 13.12.2017, n. 151/E).

Ebbene, ricorrendo uno dei presupposti ex art. 17, c. 1, lett. b) Tuir, non necessita alcuna indagine (sul ritardo nella corresponsione) per valutare se il ritardo possa essere considerato fisiologico rispetto ai tempi tecnici occorrenti per l’erogazione degli emolumenti stessi; al contrario, l’indagine è obbligatoria se il ritardo è determinato da circostanze di fatto (risoluzioni 16.03.2004, n. 43/E e 13.12.2017, n. 151/E).
Qui si innesta, sorprendentemente, tra le cause giuridiche ritenute idonee a consentire la tassazione separata, il contratto collettivo, anche decentrato, ove è estranea l’ipotesi di un accordo tra le parti relativamente a un rinvio “strumentale” nel pagamento delle somme spettanti. Pertanto, conclude l’interpello, in relazione all’erogazione dei “compensi incentivanti la produttività” in periodi d’imposta successivi al periodo di riferimento per effetto della “contrattazione articolata di ente”, si applica la tassazione separata.

Tutto chiaro? Non troppo, poiché l’interpretazione appare finalizzata a una sorta di “detassazione” che, a stretto rigore e a parere dello scrivente, non sembrerebbe spettante, ove si esamini la diversa genesi dei premi di produttività nel settore pubblico rispetto a quello privato. In altri termini, l’ampliamento al “contratto decentrato” del più favorevole regime di tassazione (leggasi “causa giuridica”) appare debordante rispetto alla finalità della norma. A margine della quale si osserva, seppure incidentalmente, che la Corte Costituzionale (sentenza n. 153/2017) aveva confermato la legittimità dell’esclusione dalla detassazione dei premi produttività per il settore pubblico e, nello specifico, ritenute non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 53, c. 1 D.L. n. 78/2021, 26, c. 1 D.L. n. 98/2011, n. 98 e 2 D.L. n. 93/2008 relativamente all’asserita violazione del principio di eguaglianza per l’ingiustificata disparità del regime fiscale al quale sarebbero soggetti i dipendenti del settore pubblico rispetto a quelli del settore privato, con riguardo alla retribuzione legata a incrementi di produttività.

In sintesi, l’esclusione del pubblico impiego è legittima poiché la detassazione (e, comunque, il trattamento di favore, n.d.a.) dei premi di risultato è finalizzato a incentivare la produttività del lavoro, ma il suo oggetto è circoscritto dal legislatore, che lo collega espressamente all’erogazione di importi collegati “a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, collegate ai risultati riferiti all’andamento economico o agli utili dell’impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale”. Fattispecie che, evidentemente, nel caso del settore pubblico non ricorre, poiché “Questa stretta funzionalizzazione al miglioramento dei servizi istituzionali … nei cui riguardi non possono essere fissati obiettivi di miglioramento della competitività aziendale o di incremento della produzione di utili, esclude la connotazione finalistica del regime di detassazione prospettata dal giudice a quo e, con essa, la paventata discriminazione”. Per concludere, una generosa concessione, in termini di minore imposizione, che riguarda una platea potenziale prossima ai 3,5 milioni di dipendenti.
Singolare interpretazione dell’Agenzia delle Entrate sui premi di risultato per il settore pubblico, discutibilmente equiparati a quelli previsti per il settore privato.
Con l’interpello n. 29.03.2021, n. 223, argomentando in “burocratese”, l’Agenzia delle Entrate ha affrontato il tema dei premi di risultato sui quali, a ben vedere, la norma non sembra porre problemi interpretativi. In particolare, l’art. 51 Tuir dispone, in applicazione del principio di cassa che disciplina il reddito di lavoro dipendente, la tassazione nel periodo d’imposta in cui tali redditi entrano nella disponibilità materiale di questi ultimi. Così stabilito il criterio generale, considerata la progressività delle aliquote Irpef e per temperare gli effetti negativi che potrebbero derivare da una rigida applicazione del criterio di cassa, l’art. 17, c. 1, lett. b) Tuir prevede che si applica il regime di tassazione separata agli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti e percepiti in periodi successivi per effetto di cause giuridiche o per altri motivi indipendenti dalla volontà delle parti (situazioni di fatto). L’interpello, muovendo dall’assunto normativo, precisa che per l’operatività della tassazione separata occorre che: gli emolumenti siano corrisposti in un periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata prestata l’attività lavorativa; il “differimento” derivi da leggi, contratti collettivi, sentenze o atti amministrativi sopravvenuti oppure sia conducibile ad altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti; il ritardo non sia fisiologico rispetto ai tempi giuridici e tecnici ordinariamente occorrenti per l’erogazione degli emolumenti.Per quanto precede, si afferma che la tassazione separata è esclusa qualora i compensi siano corrisposti nello stesso periodo d’imposta cui si riferiscono, oppure qualora la corresponsione in un periodo d’imposta successivo possa considerarsi fisiologica, ossia quando la stessa natura degli emolumenti fa sì che la loro erogazione debba avvenire in un periodo d’imposta successivo rispetto a quello di maturazione. L’interpello cita, per esemplificare il concetto, gli emolumenti correlati al raggiungimento di obiettivi predeterminati e corrisposti in un anno successivo rispetto a quello cui gli obiettivi sono raggiunti; in tale ipotesi, è la stessa natura degli emolumenti in questione a comportare che l’erogazione non possa avvenire nell’anno di riferimento. Infatti, poiché la valutazione dei risultati può essere effettuata solo dopo la fine dell’anno, è evidente che gli emolumenti connessi al risultato saranno erogati in un periodo d’imposta successivo e, pertanto, non possono essere considerati come arretrati nel senso sopra indicato (cfr. risoluzioni 3.12.2002, n. 379/E; 9.10.2008, n. 377/E; 13.12.2017, n. 151/E).Ebbene, ricorrendo uno dei presupposti ex art. 17, c. 1, lett. b) Tuir, non necessita alcuna indagine (sul ritardo nella corresponsione) per valutare se il ritardo possa essere considerato fisiologico rispetto ai tempi tecnici occorrenti per l’erogazione degli emolumenti stessi; al contrario, l’indagine è obbligatoria se il ritardo è determinato da circostanze di fatto (risoluzioni 16.03.2004, n. 43/E e 13.12.2017, n. 151/E).Qui si innesta, sorprendentemente, tra le cause giuridiche ritenute idonee a consentire la tassazione separata, il contratto collettivo, anche decentrato, ove è estranea l’ipotesi di un accordo tra le parti relativamente a un rinvio “strumentale” nel pagamento delle somme spettanti. Pertanto, conclude l’interpello, in relazione all’erogazione dei “compensi incentivanti la produttività” in periodi d’imposta successivi al periodo di riferimento per effetto della “contrattazione articolata di ente”, si applica la tassazione separata.Tutto chiaro? Non troppo, poiché l’interpretazione appare finalizzata a una sorta di “detassazione” che, a stretto rigore e a parere dello scrivente, non sembrerebbe spettante, ove si esamini la diversa genesi dei premi di produttività nel settore pubblico rispetto a quello privato. In altri termini, l’ampliamento al “contratto decentrato” del più favorevole regime di tassazione (leggasi “causa giuridica”) appare debordante rispetto alla finalità della norma. A margine della quale si osserva, seppure incidentalmente, che la Corte Costituzionale (sentenza n. 153/2017) aveva confermato la legittimità dell’esclusione dalla detassazione dei premi produttività per il settore pubblico e, nello specifico, ritenute non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 53, c. 1 D.L. n. 78/2021, 26, c. 1 D.L. n. 98/2011, n. 98 e 2 D.L. n. 93/2008 relativamente all’asserita violazione del principio di eguaglianza per l’ingiustificata disparità del regime fiscale al quale sarebbero soggetti i dipendenti del settore pubblico rispetto a quelli del settore privato, con riguardo alla retribuzione legata a incrementi di produttività.In sintesi, l’esclusione del pubblico impiego è legittima poiché la detassazione (e, comunque, il trattamento di favore, n.d.a.) dei premi di risultato è finalizzato a incentivare la produttività del lavoro, ma il suo oggetto è circoscritto dal legislatore, che lo collega espressamente all’erogazione di importi collegati “a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, collegate ai risultati riferiti all’andamento economico o agli utili dell’impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale”. Fattispecie che, evidentemente, nel caso del settore pubblico non ricorre, poiché “Questa stretta funzionalizzazione al miglioramento dei servizi istituzionali … nei cui riguardi non possono essere fissati obiettivi di miglioramento della competitività aziendale o di incremento della produzione di utili, esclude la connotazione finalistica del regime di detassazione prospettata dal giudice a quo e, con essa, la paventata discriminazione”. Per concludere, una generosa concessione, in termini di minore imposizione, che riguarda una platea potenziale prossima ai 3,5 milioni di dipendenti.

Fonte: https://www.tutelafiscale.it/tassazione-separata-generosa-con-linterpello-223-2021/